TRASGUARDO – La mostra al MUST, Museo storico della città di Lecce

TRASGUARDO – La mostra al MUST, Museo storico della città di Lecce

Un decennio di visione, luce e poesia: la fotografia di Antonio Delluzio arriva al MUST di Lecce con la mostra “Trasguardo”

Il MUST – Museo Storico della Città di Lecce ospita “Trasguardo”, una mostra personale del fotografo Antonio Delluzio, che celebra i suoi primi dieci anni di carriera artistica attraverso un percorso visivo di forte impatto emotivo e poetico.
Organizzata e prodotta dalla NUMM Contemporary Art di Casale Monferrato, l’esposizione propone una selezione di opere emblematiche che attraversano e sintetizzano il decennio creativo dell’autore, scandendo tappe, intuizioni e mutamenti di sguardo. Le fotografie di Delluzio – intense, evocative, capaci di fondere paesaggio, corpo e tempo – dialogano con i testi poetici di Paola Turroni, offrendo al visitatore un’esperienza immersiva tra immagine e parola, visione e riflessione.
“Trasguardo” è un titolo che gioca sul confine tra traguardo e sguardo, evocando il senso di un passaggio: non un punto d’arrivo, ma una soglia creativa da cui guardare avanti, verso nuove esplorazioni.
La mostra si accompagna a un volume monografico che raccoglie le opere esposte, i testi poetici e un contributo critico del fotografo e saggista Pio Tarantini, che approfondisce l’evoluzione dello sguardo di Delluzio all’interno del panorama della fotografia contemporanea.
Ad accogliere la mostra è il prestigioso MUST di Lecce, ubicato nel cuore pulsante della città antica, con affacci suggestivi sulle rovine del Teatro romano. Luogo di incontro tra arte contemporanea e memoria storica, il MUST si conferma come spazio ideale per una riflessione sull’identità, lo sguardo e il tempo.
Pio Tarantini su Delluzio “rientra nella categoria di quegli artisti che si servono della fotografia come linguaggio, provenendo da una formazione legata alle arti visive più tradizionali. La sua passione per la fotografia lo ha spinto quindi a sperimentare nuove forme creative che risentono fortemente del suo imprinting classico-pittorico. Con uno di questi procedimenti – in cui le immagini fotografiche passano anche attraverso una
elaborazione-distorsione dovuta alla presenza dell’acqua – Delluzio ha prodotto una serie di lavori molto compatti stilisticamente, in cui le forme e i colori sembrano disfarsi in una sorta di bagno amniotico da cui emergono in nuove e inaspettate configurazioni.”
Evento di chiusura della mostra , il 25 luglio, sara’ l’interessante incontro-dialogo serale aperto a tutti, in cui Antonio Delluzio dialogherà con Paola Turroni e il curatore e critico d’arte Carmelo Cipriani, sui temi e le tecniche esposte nella mostra.

Testo critico a cura di Pio Tarantini che accompagna il catalogo – TRASGUARDO –

Gli sguardi onirici di Antonio Delluzio
di Pio Tarantini

Viene sempre un momento, per le persone in generale e per gli artisti in particolare, in cui si vuole mettere un punto, fermarsi a riflettere su quanto si è fatto, alla ricerca di un bilancio che tenti di fare chiarezza su quanto si è prodotto. È il caso di questo volume di Antonio Delluzio, intitolato Trasguardo 2014 – 2024, dove la parola è un neologismo dell’autore che sintetizza i due termini traguardo e sguardo all’interno dello spazio decennale indicato dalle date.
Antonio Delluzio − salentino con studi artistici a Lecce e un solido apprendistato artistico a Milano dove lavora nel campo grafico per il Corriere della Sera – rientra nella categoria di quegli artisti che si servono della fotografia come linguaggio, provenendo da una formazione legata alle arti visive più tradizionali. La sua passione per la fotografia lo ha spinto quindi a sperimentare nuove forme creative che risentono fortemente del suo imprinting classico-pittorico. Con uno di questi procedimenti ‒ in cui le immagini fotografiche passano anche attraverso una elaborazione- distorsione dovuta alla presenza dell’acqua ‒ Delluzio ha prodotto una serie di lavori molto compatti stilisticamente, in cui le forme e i colori sembrano disfarsi in una sorta di bagno amniotico da cui emergono in nuove e inaspettate configurazioni.
Il volume è strutturato secondo un percorso temporale con i diversi capitoli dedicati ai molti lavori prodotti nell’ultimo decennio: si comincia con Nella casa della madre (2014) costituito da fotografie in bianco e nero di centenari tronchi di ulivi ripresi dall’interno delle loro cavità, quasi una dichiarazione di appartenenza alle sue radici salentine. Risale al 2017 invece il lavoro successivo, Invenire se, dove fantasmatiche figure umane emergono, mosse e sfocate, da fondi celesti. Ma è con il lavoro del 2018, Ad occhi chiusi, che l’autore opera una svolta linguistica che si consoliderà nei lavori successivi: i ritratti di un giovane ripreso in primo piano sono densi, di un colore scuro che si stacca appena dal fondo nero e contrasta con alcuni oggetti simbolici – un corno, una conchiglia, dei rami, un nido – fino all’ultima fotografia della serie dove il giovane protagonista apre i suoi occhi guardando in camera, quasi un segno di speranza.
Il percorso artistico di Delluzio prosegue nel 2019 con l’intenso lavoro Ephemeral, dove le figure umane emergono, spesso mosse o sfocate, da un fondo scuro carico di elementi vegetali, foglie, fiori, rami o, talvolta, texture liquide, vitree. Si profila, con questo procedimento formale, la modalità stilistica più personale, dove è forte l’influenza pittorialista e si avverte maggiormente il suo debito con l’arte visiva tradizionale. Dello stesso anno, 2019, è il lavoro 16 Years Old, realizzato con la partecipazione del figlio colto nell’età della piena adolescenza, quando più stridente diventa nella personalità di un giovane la dialettica con gli adulti oltre che con sé stesso. Il busto nudo del giovane si mescola al fluttuare di un velo bianco mentre le mani diventano protagoniste di gesti e movenze delicate che, pur nella fissità della fotografia, suggeriscono movimenti al rallentatore. Il colore diventa quasi monocromatico, basato su pochi toni che accentuano l’effetto grafico-pittorico della costruzione formale.

Su un registro ancora più pittorialista appaiono le nature morte di Sad Comedian – un lavoro del 2020 – dove elementi vegetali sono ripresi con sfocature selettive per creare un’atmosfera di sospensione, un clima visivo post-impressionista dove i colori degli ortaggi vengono esaltati nel contrasto con i toni bruni dei fondali. Qui l’idea del comico triste viene interpretata da vegetali privi della forza naturalistica insita in loro per manifestarsi come elementi naturali dotati di personalità, quasi animati da uno spirito divino che li eleva dal realismo al surreale simbolico.
Siamo ben lontani formalmente dai classici still-life fotografici dove prevale il dettaglio e la vividezza dei colori per esaltarne la realistica matericità: in questa serie probabilmente si sente ancor più l’influsso di una sorta di raffinato pittorialismo fotografico.
Un procedimento che ritroviamo nel lavoro Pietre – sempre del 2020 – dove dettagli di sculture classiche paiono animarsi grazie ai mossi e alle sfocature: i contrasti tra le parti soffuse e sfocate e le parti nitide dei busti marmorei suggeriscono l’idea di un lento e faticoso emergere dalla
fissità della materia e dagli spazi del tempo e della storia.
Di tutt’altra natura stilistica è il coevo, particolare lavoro Diario di una quarantena tutto giocato in modo allegorico per raccontare il periodo di quarantena dell’era COVID attraverso un fiore relegato in una stanza con le finestre sbarrate da cancellate. In questo lavoro tutto è a fuoco, non
ci sono atmosfere sognanti dovute a riprese mosse o sfocate, ma il messaggio passa direttamente attraverso l’oggetto nello spazio ben delineato.
Con Hands Poetry e Dafne – ambedue del 2021 – Delluzio torna alla sua modalità stilistica più praticata, dove le mani e le figure appaiono in maniera fantasmatica a suscitare emozioni oniriche. In particolare in Hands poetry, la mimica degli arti assume toni e sembianze di una rappresentazione teatrale.
Il più recente Nel suono del silenzio, del 2023, vede l’autore impegnato in un discorso visivo ed emozionale di natura più complessa: qui lacerti di paesaggio, di persone e di oggetti appaiono accomunati quasi da uno sforzo di autoidentificazione, in un clima visivo monocromatico che accentua gli aspetti simbolici delle immagini, in un itinerario aperto e concluso dall’apparizione di un teschio tra le gambe di una persona.
Chiude il volume e il percorso fino ad oggi dell’artista il lavoro Lo spazio sul comodino, del 2024, con un’esplosione di vari elementi naturali e artificiali che si distribuiscono nello spazio delle inquadrature in maniera apparentemente casuale, dove i microcosmi personali evocati dal titolo vanno a formare onirici paesaggi galleggianti in personali galassie.
Questo percorso visivo è accompagnato dai versi poetici di Paola Turroni, selezionati in modo tale da avere una corrispondenza con le immagini, a volte più diretta, altre volte per allusioni e allegorie. Scrive tra l’altro Paola Turroni nei versi che accompagnano il lavoro di apertura sui tronchi cavi degli ulivi: “Lo scavo riverso / del crescere, il segreto / di ciò che ci nutre, genera e poi / scompare” delineando molto bene con le parole le radici dell’esistenza e in particolare quelle dell’autore che con le sue fotografie entra dentro i corpi cavi degli ulivi. E, continuando nell’esempio del rapporto con le piante, più avanti i versi declamano: “È quando ti amo che sono pianta – nel corpo / esposto al fiato e alla curva e tutto il vento che sai fare / divento / la pianta che sono, dal sangue mia apice linfa / e nutrimento e aria e un nuovo pianeta / dove esistere trasfigurati amanti, / è quando ti amo che torno – nel corpo / vegetale, non muore e cambia.”
Risulta evidente da questi brevi esempi che la presenza di questi versi accentua il carattere anti-realistico della produzione di Delluzio, esaltandone le caratteristiche oniriche e visionarie.
In conclusione l’autore concepisce queste sue creazioni come esperienze visive a materiali per andare oltre la semplice rappresentazione realistica delle cose e delle persone. Il lavoro di Delluzio nel suo complesso appare formalmente compatto pur nella diversità dei progetti: persone, vegetali e oggetti affiorano da sfondi scuri, carichi sempre di segnali simbolici che contribuiscono a strutturare le storie.
Lavori diversi dunque nell’impostazione allegorica e molto unitari invece sotto l’aspetto formale, dichiaratamente neo-pittorialista, rivelatori di una sensibilità poetica, intrisa di una formazione artistica classica, in controtendenza alle correnti analitico-concettuali attualmente molto praticate. Scegliendo questa cifra stilistica Antonio Delluzio si mette coraggiosamente in gioco. Con semplicità e consapevolezza.