Dalla serie “Lo spazio sul comodino”

“Fotografo
per reinterpretare la realtà raccontando visioni”

L’oltre di Antonio Delluzio

di Pio Tarantini

Studi artistici a Lecce per il salentino Antonio Delluzio e un solido apprendistato artistico a Milano dove lavora nel campo grafico per il Corriere della Sera.
La sua passione per la fotografia lo ha spinto a sperimentare nuove forme creative che risentono fortemente del suo imprinting classico-pittorico. Con uno di questi procedimenti ‒ in cui le immagini fotografiche passano anche attraverso una elaborazione-distorsione dovuta alla presenza dell’acqua ‒ Delluzio ha prodotto una serie di lavori molto compatti stilisticamente, in cui le forme e i colori sembrano disfarsi in una sorta di bagno amniotico da cui emergono in nuove e inaspettate configurazioni.
Persone, vegetali e oggetti affiorano da sfondi scuri, carichi sempre di segnali simbolici che contribuiscono a strutturare le storie. Così accade per “16 years old” realizzato con la partecipazione del figlio colto nell’età della piena adolescenza, quando più stridente diventa nella personalità di un giovane la dialettica con gli adulti oltre che con sé stesso. Il busto nudo del giovane si mescola al fluttuare di un velo bianco mentre le mani diventano protagoniste di gesti e movenze delicate che, pur nella fissità della fotografia, suggeriscono movimenti al rallentatore.
Il colore diventa quasi monocromatico, basato su pochi toni che accentuano l’effetto grafico-pittorico della costruzione formale.
Lo stesso accade con il lavoro Sad comedian dove l’idea del comico triste viene interpretata da vegetali privi della forza naturalistica insita in loro per manifestarsi come elementi naturali dotati di personalità, quasi animati da uno spirito divino che li eleva dal realismo al surreale simbolico. Siamo ben lontani formalmente dai classici still-life fotografici dove prevale il dettaglio e la vividezza dei colori per esaltarne la realistica matericità: in questa serie probabilmente si sente ancor più l’influsso di una sorta di raffinato pittorialismo fotografico.
Ancora le mani tornano a essere protagoniste, questa volta assolute, di Hands poetry, un lavoro in progress dove la mimica degli arti assume toni e sembianze di una rappresentazione teatrale.
Al contrario invece di un’altra serie, Pietre, dedicata alla scultura dove i contrasti tra le parti soffuse e sfocate e le parti nitide dei busti marmorei suggeriscono l’idea di un lento e faticoso emergere dalla fissità della materia e dagli spazi del tempo e della storia.
Lavori diversi dunque nell’impostazione allegorica e molto unitari invece sotto l’aspetto formale, dichiaratamente neo-pittorialista, rivelatori di una sensibilità poetica, intrisa di una formazione artistica classica, in controtendenza alle correnti analitico-concettuali attualmente molto praticate. In questo senso forse si spiega il titolo complessivo che l’autore pone per riassumere questi lavori, Beyond (al di là, oltre), perché concepisce queste sue creazioni come esperienze visive a materiali per andare oltre la semplice rappresentazione realistica delle cose e delle persone. Scegliendo questa cifra stilistica Antonio Delluzio si mette coraggiosamente in gioco. Con semplicità e consapevolezza.